formazione di lavoratori e RLS fatta senza la collaborazione con gli organismi paritetici

Chiarimenti circa la formazione di lavoratori e RLS fatta senza la collaborazione con gli organismi paritetici. Cosa si intende con “collaborazione”? Quale sanzione è prevista?

A cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).


Risposta

L’obbligo di effettuare la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti in collaborazione con gli organismi paritetici è riportato nell’art. 37 comma 12 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, il quale ha in pratica riscritto, modificandolo in parte, il corrispondente art. 22 del D. Lgs. 19/9/1994 n. 626 sul miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro che, come è noto, è stato abrogato dal citato decreto legislativo.

L’art. 22 comma 6 del D. Lgs. n. 626/1994, infatti disponeva che: “La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art. 20, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori”.Con l’art. 37 comma 12 del D. Lgs. n. 81/2008 l’art. 22 comma 6 del D. Lgs. n. 626/1994 è stato così riscritto:

“La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'articolo 50 ove presenti, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori”.
e quindi successivamente lo stesso è stato modificato con il decreto correttivo di cui al D. Lgs. n. 106/2009 così come di seguito indicato:

“La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori”.

E’ facile quindi osservare, confrontando i tre articoli, che le variazioni apportate dal D. Lgs. n. 81/2008 rispetto alla versione originaria dell’art. 22 del D. Lgs. n. 626/1994 hanno riguardato, per quanto riguarda la collaborazione con gli organismi paritetici, dapprima, con il D. Lgs. n. 81/2008, l’introduzione della espressione “ove presenti” e poi, con il D. Lgs. n. 106/2009, di quella “nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro” a chiara indicazione che il legislatore, da un lato ha dovuto prendere in considerazione che in Italia gli organismi paritetici sono presenti in realtà solo in alcune zone ed anche nell’ambito di alcuni settori delle attività lavorativa e dall’altro ha voluto ridimensionare e limitare l’adempimento sia territorialmente che settorialmente. Dall’esame delle disposizioni penali riportate nei tre decreti legislativi citati che si sono succeduti, inoltre, è facile osservare che nessuno di essi ha provveduto a corredare tale “dovere di collaborazione” di una relativa sanzione per gli inadempienti né penale né amministrativa.

Su quello che è da intendere per collaborazione con gli organismi paritetici si è tanto scritto e discusso e nel tempo si è pervenuti alla conclusione, sentito anche il parere di giuristi e di autorevoli esperti in materia, che l’obbligo della collaborazione si deve ritenere assolto portando gli organismi paritetici, competenti per settore e per territorio, semplicemente a conoscenza del percorso formativo che si intende avviare per i lavoratori e per i rappresentanti dei lavoratori e fornendo agli stessi alcune informazioni che riguardano le modalità di svolgimento della formazione stessa (programma, durata, contenuti, sede, numero di lavoratori da formare, nome e qualificazione dei docenti, ecc.).

D’altro canto gli organismi paritetici, che ai sensi dell’art. 2 comma 1 lettera ee) del D. Lgs. n. 81/2008 sono definiti quali:
“organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per: la programmazione di attività formative e l'elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici; lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro; l'assistenza alle imprese finalizzata all'attuazione degli adempimenti in materia; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento;

e che, oltre a poter svolgere direttamente o promuovere l’attività di formazione, secondo quanto indicato nell’art. 51 comma 3 bis del D. Lgs. n. 81/2008, così come integrato dal D. Lgs. n. 106/2009, hanno anche una funzione di assistenza finalizzata all’attuazione degli adempimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, possono intervenire se lo ritengono necessario, dopo aver verificato se la formazione programmata risponda alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia, a fornire ai soggetti formatori indirizzi, consigli e suggerimenti per “correggere” i percorsi formativi. Resta fermo comunque che le eventuali indicazioni dagli stessi fornite, se pure vengono fornite, non sono comunque né vincolanti e condizionanti ai fini dell’attuazione da parte dei soggetti formatori del programma di formazione né tanto meno convalidanti della formazione stessa. Si può dire in pratica che in questa circostanza il “deve” del legislatore assume il valore di un mero consiglio (in una delle bozze che hanno preceduto la pubblicazione del D. Lgs. n. 106/2009 il “deve” era stato sostituito dalla espressione “può”).

Ciò detto e premesso, appare evidente, in risposta al quesito formulato, che il comportamento tenuto dagli ispettori dell’organo di vigilanza non sembra essere stato corretto e conforme alle disposizioni di legge. La mancata richiesta di collaborazione degli organismi paritetici, infatti, come già detto, non costituisce contravvenzione alle norme di sicurezza sul lavoro essendo questa definita, secondo quanto indicato nell’art. 19 comma 1 lettera a) del D. Lgs. n. 758/1994, un reato in materia di sicurezza e di igiene del lavoro punito con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda e, a partire dal 20/8/2009, anche con la sola pena dell’ammenda in applicazione dell’art. 301 del D. Lgs n. 81/2008, così come modificato dal D. Lgs. n. 106/2009. Il citato inadempimento, pertanto, non può essere oggetto ovviamente di un provvedimento di prescrizione che è finalizzato, in virtù dell’art. 20 dello stesso D. Lgs. n. 758/1994, ad eliminare una contravvenzione accertata. Neanche corretto appare inoltre “equiparare”, così come sembra sia accaduto nel caso del quesito formulato, la mancata richiesta di collaborazione con gli organismi paritetici ad una mancata formazione dei lavoratori e del rappresentante dei lavoratori il cui obbligo è sancito invece nell’art. 37 comma 1 del D. Lgs. n. 81/2008 e la cui inadempienza è punita con l’arresto da 2 a 4 mesi o con l’ammenda da 1200 a 5200 euro a carico del datore di lavoro e del dirigente secondo quanto previsto dall’art. 55 comma 5 lettera c) dello stesso decreto legislativo.

Le contestazioni di contravvenzioni non sono oggetto di ricorso come è invece consentito per gli illeciti amministrativi ma nei casi in cui il destinatario della contestazione non dovesse condividere il provvedimento adottato dagli ispettori nei suoi confronti perché considerato illegittimo può rivolgersi al dirigente dell’ufficio al quale appartengono le unità ispettive e chiedere una revisione del provvedimento e, nel caso tale richiesta fosse rigettata, portare in ultima analisi a conoscenza delle proprie ragioni la Procura della Repubblica alla quale è stata trasmessa la notizia del reato per le eventuali decisioni che la stessa vorrà assumere in merito al proseguimento dell’azione penale.

A cura di Gerardo Porreca (http://www.porreca.it/)

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