Sicurezza, lavoro nero, immigrazione

Per gli immigrati irregolari è più facile trovare lavoro, ma si tratta quasi sempre di lavoro nero, pagato meno e con turni più pesanti. Lo rivela l'indagine "Sicurezza, lavoro nero, immigrazione" condotta da Tito Boeri per la Fondazione De Benedetti e l'Università Bocconi di Milano. L'economista ha anticipato i primi risultati (ma i dati sono ancora in lavorazione) intervenendo al Forum nazionale salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, organizzato venerdì a Bologna dalla Fondazione Alma Mater. La percentuale degli irregolari che lavorano si avvicina al 90%, ed è superiore a quella dei regolari (comunque sopra l'80%). Nel 68,2% dei casi, però, chi non ha i documenti è soggetto a lavoro nero. "Il 40% degli irregolari guadagna meno di 5 euro all'ora, mentre fra i regolari la percentuale scende al 10%", spiega Boeri, "ma chi non è in regola fa turni più pesanti: il 38,1% ad esempio lavora di notte".
L'indagine, secondo l'economista, è "la prima rappresentativa in Italia, perché non è basata sull'anagrafe né su chi accede alle strutture d'emergenza". I dati sono stati raccolti attraverso 1.037 interviste in otto città italiane ad alta densità migratoria (fra cui Milano, Bologna e Rimini). I ricercatori hanno selezionato casualmente alcuni edifici nelle zone più abitate dagli stranieri, entrando direttamente nelle loro case. "Abbiamo scoperto che gli irregolari sono il 30% (a Bologna il 20%)", aggiunge Boeri, "fra persone in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno, persone con documenti transitori e altri che non hanno mai avuto documenti".
"Gli immigrati irregolari continuano ad arrivare in Italia perché sanno che troveranno lavoro, anche se in nero", spiega l'economista. "D'altro canto molti datori di lavoro sanno che a loro possono chiedere turni più pesanti pagandoli meno, mentre la probabilità di una sanzione è molto bassa. E sanno anche che prima o poi arriverà una sanatoria". Si spiega proprio con il lavoro nero, secondo Boeri, il dato relativo alle morti bianche, che aumentano fra gli stranieri (+8% dal 2005 al 2007) e calano fra gli italiani. Anche il presidente dell'INAIL, Marco Fabio Sartori, aveva rimarcato quest'anomalia durante la presentazione dell'ultimo rapporto infortunistico 2008. "L'incidenza infortunistica è più alta tra gli stranieri", ha detto Sartori, "perché questi lavoratori vengono spesso impiegati in settori più a rischio, connotati da una forte componente manuale ma senza un'adeguata formazione professionale".
Per cercare di ovviare a questa situazione c'è bisogno innanzitutto di un cambiamento culturale forte. Ed è proprio questo l'obiettivo del progetto di ricerca dell'Università di Bologna e Alma Mater. "Tutto è nato da un colloquio con il presidente Napolitano, quando è stato ospite del nostro ateneo", spiega il presidente della fondazione Walter Tega. "Abbiamo creato tre tavoli tematici (normativa, salute e sicurezza, sistemi di gestione) per costruire un modello di gestione della sicurezza e identificare le aziende virtuose". "Il fenomeno degli infortuni sul lavoro è in costante diminuzione", aggiunge il direttore regionale dell'INAIL, Alessandro Crisci, "ma non siamo ancora in linea con l'obiettivo europeo del calo del 25% nel quinquennio 2008-2012: per questo è necessaria un'accelerazione. Il progetto della Fondazione Alma Mater va nella direzione giusta, perché unisce le eccellenze dell'università e delle aziende". Nel campo della sicurezza serve quindi "un cambiamento culturale", ovvero "far capire alle aziende che la prevenzione degli infortuni conviene", aggiunge Crisci. "Uno dei modi per riuscirci è riconoscere e valorizzare le imprese che si impegnano nel campo della sicurezza".
(RedSoc/ Emilia Romagna)

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